Come il COVID-19 agisce sul cervello
La ricerca scientifica sta iniziando ad avere conferme sulle modalità di azione del coronavirus SARS-CoV-2 sul cervello. Maura Boldrini del Dipartimento di Psichiatria della Columbia University di New York, insieme ai suoi colleghi Canoll e Klein ha pubblicato sulla rivista scientifica JAMA Psychiatry un articolo in cui sintetizza l’attuale stato della ricerca sui meccanismi biologici che sono la causa dell’insorgenza della sintomatologia neuropsichiatrica che colpisce le persona affette da COVID-19.
Boldrini M, Canoll PD, Klein RS. How COVID-19 Affects the Brain. JAMA Psychiatry. Published online March 26, 2021.
I sintomi neuropsichiatrici più frequenti sono l’anosmia, deficit cognitivi e attentiva (la cosiddetta nebbia cognitiva), lo sviluppo di ansia, depressione, psicosi, crisi epilettiche e anche comportamenti suicidari. Questi sintomi non sono associati all’insufficienza respiratoria e suggeriscono un danno cerebrale e possono persistere pe molto tempo dopo la risoluzione della malattia.
Come può entrare nel Cervello?
La più probabile via di accesso cerebrale del virus è la mucosa olfattiva, dove causa alterazioni dell’olfatto; supera la lamina cribrosa (zona di passaggio delle terminazioni nervose amieliniche del nervo olfattivo), viaggia lungo il tratto olfattivo o attraverso la via vagale o trigeminale. Il virus potrebbe superare la barriera emato-encefalica (BEE) perché le citochine infiammatorie potrebbero indurne una instabilità oppure utilizzare i monociti per raggiungere il cervello.
Boldrini continua “le analisi psicopatologiche del cervello umano hanno mostrato noduli microgliali e una fagocitosi dei neuroni (neuronofagia) nel tronco encefalico e meno frequentemente nella corteccia e nelle strutture limbiche, associati a una infiltrazione linfocitaria diffusa. Queste lesioni non sembrano, tuttavia, associate ai livelli del RNA messaggero virale. Affermano gli autori che “mentre l’ageusia (incapacità di percepire i sapori), la nausea e il vomito possono essere associati all’invasione virale multiorgano i sintomi neuropsichiatrici pososno essere dovuti alla neuroinfiammazione e al danno ipossico.
Meccanismi della neurotossicità
L’infezione da COVID-19 può causare una tempesta citochinica, con un incremento dei livelli sierici di citochine (in particolare IL-1; IL-6; IL-10 e TNF-a (fattore di necrosi tumorale).
Le citochine, una volta attraversata la BEE attivano le cellule microgliali e gli astrociti. Oltre al danno cellulare diretto, le cellule microgliali attivate secernono mediatori infiammatori (glutammato, acido chinolinico, IL, TNF-a) L’aumento dell’acido chinolinico determina elevati livelli di glutammato e la upregulation dei recettori NMDA (N-methyl-D-aspartato), probabilemnte coinvolto nell’alterazione dell’apprendimento, dalla memoria, della neuroplasticità, nelle allucinazioni e negli incubi notturni.
Infiammazione e sintomi neuropsichiatrici
Un volta che si è manifestata l’infiammazione secondo i meccanismi descritti precedentemente, questa incrementa l’enzima indoleamina-diossigenasi che metabolizza il triptofano a chinurnina invece che a serotonina. L’infiammazione, spuntando la neuro-trasmissione, induce secondo queste modalità anedonia, cognizione negativa, sintomi psicomotori e neurovegetativi, depressione e comportamento suicidario, con ridotta risposta agli antidepressivi convenzionali.
Interazione dell’infiammazione e coagulazione
L’ingresso del virus SARS-CoV-2 nelle cellule endoteliali del cervello attiva i neutrofili e i macrofagi, stimola la produzione trombinica e i percorsi infiammatori complementari promuovendo il deposito di microtrombi. Il danno cerebrale da COVID-19 è stato evidenziato attraverso l’osservazione autoptica cerebrale di danni e/o infarti ischemici/ipossici. I sintomi neuropsichitrici da COVID-19 derivano dal danno cerebrale e dai microinfarti. I sintomi sifferscono in conseguena delle zone cerebrali interessate. I meccanismi del danno cerrebrale da COVID-19 possono rassomigliare a quelli conseguenti ai danni cerebrali da trauma, mentre una combinazione di uno stato proinfiammatorio e di danno microvascolare con conseguente morte cellulare può essere coinvolta nella patogenesei dei comportamenti suicidari. La conoscenza dei meccanismi responsabili dei danni cerebrali da COVID-19 con conseguente sintomatologia neuropsichiatrica può aiutare lo sviluppo di un intervento precoce. Gli interventi pososno riguadare antagonisti delle citochine (etanercept, infliximab), antiinfiammatori (aspirina, celecoxib) e modulatori della via della chinurrenina. La mitigazione delle sequele cognitive, emotive e comportamentali neurocognitivi a lungo termine potrebbe ridurre il carico della malattia.