Dalla neurobiologia ai nuovi farmaci: un approccio transazionale
Il Prof. Joshua Gordon, direttore del National Institute of Mental Health (NIMH), presenta la sua prospettiva e la visione del NIMH sullo sviluppo di nuove strategie terapeutiche per i pazienti psichiatrici.
Gordon JA. From Neurobiology to Novel Medications: A Principled Approach to Translation. Am J Psychiat 2019; June, 425–427
La psichiatria si trova di fronte a enormi sfide. Le malattie che cerca di trattare sono tra le più gravose per gli individui, le famiglie e la comunità. Sono malattie difficili da diagnosticare dal momento che i test di laboratorio e atri biomarker si sono rivelati finora inutili. I trattamenti qualche volta determinano un successo miracoloso, ma troppo spesso mancano di efficacia, causano effetti collaterali o non permettono ai pazienti di raggiungere una recovery.
Il rapido sviluppo delle scienze nell’ultimo decennio, tuttavia, può dare molte ragioni per essere fiduciosi. Le scoperte genetiche, in seguito al completamento del progetto del genoma umano e derivanti da collaborazioni internazionali e dalla condivisione dei dati, hanno rivelato centinaia di geni o loci genomici strettamente legati alla schizofrenia, al disturbo bipolare, alla depressione, all’autismo e ad altri disturbi. I progressi della neurotecnologia, facilitati da anni di investimenti nelle neuroscienze di base, hanno permesso di investigare i meccanismi neurali del comportamento complesso con un grado di dettaglio accurato. I progressi delle scienze computazionali e nella tecnologia dell’informazione stanno drasticamente rinvigorendo le nostre scienze cliniche, consentendo ai ricercatori di utilizzare approcci sempre più sofisticati per misurare le conseguenze delle malattie mentali e analizzare la loro eterogeneità,.
Questi progressi sono una nota promettente che migliorerà la diagnostica e i trattamenti che arriveranno nel prossimo futuro.
Ma cosa abbiamo oggi?
I pazienti, le famiglie e le comunità che portano il peso delle malattie mentali nel qui e ora meritano un continuo sviluppo della ricerca nel campo delle terapie.
Ad ostacolare tale progresso c’è la complessità del problema biologico. Il cervello, organo da cui emergono i sintomi della malattia mentale, è il sistema biologico più complesso, senza considerare l’ulteriore complessità generata dalle interazioni del cervello con l’intestino, il sistema immunitario e l’ambiente materiale, psicologico e sociale. Questa complessità sottintende l’eterogeneità delle malattie mentali e smentisce spiegazioni rapide e semplici soluzioni.
Ciò è stato confermato dalla recente approvazione da parte della Food and Drug Administration (FDA) statunitense del brexanolone, il primo farmaco approvato per la depressione postpartum e uno dei due antidepressivi recentemente approvati con meccanismi completamente nuovi. Con il brexanolone, ora abbiamo un farmaco che deriva direttamente dalla ricerca delle neuroscienze. Come tutti i progressi della scienza, il suo successo ha richiesto tempo, ma è utile considerare il suo percorso dal laboratorio alla clinica.
Posa delle fondamenta: le neuroscienze di base
La storia del brexanolone incomincia agli inizi degli anni ’40. Hans Selye, un biochimico dell’Università McGill, scoprì e caratterizzò una classe di molecole associate al progesterone che sembravano coinvolgere il sistema nervoso centrale e che erano capaci di produrre sonno e anestesia (Selye, 1941). La successiva osservazione che metaboliti naturali del progesterone sono prodotti attivamente nel cervello intensificò gli sforzi per conoscere come questi steroidi esercitano i loro effetti.
Gli scienziati del National Institute of Mental Health (NIMH) Maria Majewska e Steven Paul dimostrarono che i neurosteroidi inducono anestesia attraverso l’attivazione del GABA, il principale neurotrasmettitore inibitore del cervello. Ricerche successive mostrarono l’esistenza di diversi neurosteroidi naturali che agivano attraverso i recettori GABA, alcuni aumentandone l’azione, altri riducendola.
Le descrizioni del cervello e del suo modo di lavorare sono il primo passo per la scoperta farmacologica. Il brexanolone è una formulazione dell’allopregnanolone. Senza queste descrizioni di base dei neurosteroidi endogeni e i loro effetti molecolari e sui circuiti neuronali, l’intera storia del brexanolone non sarebbe esistita.
Le neuroscienze attuali si stanno concentrando su uno o più neurotrasmettitori; cercano di riconoscere anche i meccanismi molecolari delle cellule del sistema nervoso centrale, i circuiti che queste cellule formano e come queste formino i circuiti attraverso lo sviluppo, il ruolo di questi circuiti nel comportamento e i meccanismi omeostatici e neuroplastici che mantengono le loro funzioni.
Non sappiamo quale di questi meccanismi produrrà il prossimo rivoluzionario trattamento. Tuttavia, dobbiamo ancora continuare ad investire nella ricerca per conoscere il funzionamento del cervello.
Passi successivi: Biologia associata alla malattia
Poiché gli ormoni steroidi, in generale, sono prodotti durante i periodi di stress, il Dr. Paul decise di valutare se gli steroidi fossero rilevanti nella biologia dello stress. In una serie di lavori provenienti dal suo laboratorio al NIMH, il Dr. Paul e i suoi collaboratori dimostrarono che la produzione di steroidi induceva lo stress. (Purdy et al., 1991). Successivamente gli studi di Mody, Zorumski e di altri dimostrarono che alcuni neurosteroidi inibitori, compreso l’allopregnanolone erano importanti nel ridurre gli eventi avversi dello stress sul comportamento e la fisiologia in animali di laboratorio. Nell’insieme questi dati suggerivano che i neurosteroidi, cole l’allopregnanolone, facevano parte della risposta del cervello ad eventi stressanti.
Numerosi studi esaminarono il ruolo dei neurosteroidi soprattutto nella depressione post-partum. L’allopregnanolone e altri neurosteroidi sono sintetizzati dal progesterone. Poiché i livelli di progesterone aumentano durante la gravidanza e crollano rapidamente al momento della nascita, allo stesso modo fanno i livelli di questi neurosteroidi. Questi risultati hanno portato l’ipotesi che i neurosteroidi possono giocare un ruolo nella depressione post-partum ed alcune evidenze in supporto a questa ipotesi sono state riscontrate nei modelli di laboratorio in cui lo stress era osservato indurre cambiamenti comportamentali nel prime fasi del post-partum. La somministrazione di allopregnanolone invertiva questi cambiamenti comportamentali. Questo lavoro si è spostato dalla scienza di base, prendendo di mira i meccanismi biologici alla base delle funzioni del cervello direttamente rilevanti per la psichiatria.
La biologia dello stress e i fattori che regolano le risposte cerebrali allo stress giocano chiaramente un ruolo importante nella malattia mentale e la depressione postpartum è una malattia grave con importanti conseguenze per le madri e i loro familiari. Dimostrando, in primo luogo, la correlazione tra effetti dello stress, gravidanza e neurosteroidi e testando la relazione causale tra l’azione dei neurosteroidi e gli effetti dello stress nel periodo postpartum, questi studi hanno portato a un’ipotesi meccanicistica riguardante le potenziali azioni di allopregnanolone in una malattia con enorme rilevanza per la salute pubblica.
Negli uomini: test di ipotesi causale
La dimostrazione di un collegamento meccanicistico alla depressione postpartum utilizzando modelli animali ha sollevato la possibilità che allopregnanolone possa essere utile nella depressione postpartum. Il passo successivo è stato quello di valutare gli effetti causali della somministrazione di allopregnanolone negli uomini attraverso trials clinici. Questo è un passo dove diversi tentativi precedenti hanno fallito. Fondamentalmente, il fatto meccanicistico di base nel modello animale – una diminuzione di allopregnanolone nel periodo postpartum – era un fatto stabilito anche negli esseri umani. Ciò ha aumentato le possibilità di successo. Successivi trials clinici nella depressione psotpartum condotti dalla Sage Pharmaceuticals hanno portato alla approvazione del brexanolone della FDA come primo farmaco disegnato epr il trattamento della depressione postpartum. La raccolta di prove che collegano gli studi meccanicistici preclinici negli animali agli stati di malattia negli esseri umani è un passo cruciale nella riduzione del rischio di insuccesso negli studi clinici. Troppo spesso, questo passaggio nello sviluppo di farmaci è stato trascurato. Ma la distanza evolutiva tra gli organismi modello e gli uomini, e la mancanza di validità costruttiva tra le malattie psichiatriche e i loro modelli preclinici, rende questo passo ancora più importante. I meccanismi biologici fondamentali considerati essere alla base della malattia mentale devono essere esaminati negli esseri umani e la capacità degli interventi di indirizzare questi meccanismi deve essere verificata in individui con queste malattie durante il processo di sviluppo del farmaco. Questo focus sugli obiettivi meccanici è al centro dell’approccio terapeutico sperimentale NIMH, che richiede la dimostrazione dell’impegno del target nei test di efficacia clinica, puntando direttamente a questo fondamentale passaggio traslazionale.
Costruire sul successo: il futuro della scoperta di farmaci
Esistono molteplici approcci per la scoperta di farmaci in psichiatria. Bisogna fare attenzione a non presumere che si sia appreso troppo da una singola storia di successo. Approcci alternativi possono anche fornire trattamenti con nuovi meccanismi di azione. Il SEP-3638456, un antipsicotico putativo attualmente in fase di sviluppo da parte di Sunovion, non funziona attraverso i recettori della dopamina 2 ed è stato scoperto utilizzando un approccio comportamentale di screening (Koblan et al., 2019).
Osservazioni cliniche fortuite – come quelle che hanno portato alla dimostrazione che la ketamina e, successivamente, l’esketamina, sono antidepressivi efficaci – possono anche occasionalmente avere successo. Ma l’approccio basato sul principio di seguire gli indizi neurobiologici dalla scienza di base attraverso il lavoro traslazionale a studi clinici guidati meccanicamente, come esemplificato dalla fortunata traduzione di brexanolone, illustra un percorso importante che è stato troppo spesso denigrato come inefficace per le malattie psichiatriche. Il rapido ritmo della genetica, dei circuiti neurali e degli approcci computazionali aumenterà solo il numero di questi indizi neurobiologici. Sfruttare il percorso traslazionale per trasformare questi indizi nella prossima generazione di trattamenti trasformativi è fondamentale.
A tal fine, NIMH ha un numero di strumenti per aiutare nel percorso di translazione. Questi comprendono il NIMH Drug Discovery e il Clinical Therapeutics Program, che supportano la ricerca per progettare e sviluppare nuovi agenti terapeutici per il trattamento delle malattie mentali, nonché il programma NIMH Psychoactive Drug Screening Program, che fornisce alla comunità di ricerca l’accesso a vaste capacità di screening in forma di saggi farmacologici e funzionali. L’obiettivo di questi e altri programmi di sviluppo di farmaci è sulla traslazione meccanicistica. Di conseguenza, una componente importante di questa traduzione è lo sviluppo di biomarcatori che consentono di testare le ipotesi meccanicistiche nell’uomo. Per ogni prova clinica basata sull’ipotesi, un biomarcatore meccanicistico avrebbe diversi vantaggi. In primo luogo, potrebbe fornire una misura dell’impegno del target, assicurando che lo studio fornisca un test dell’ipotesi meccanicistica, indipendentemente dal fatto che abbia avuto un effetto clinico. In secondo luogo, potrebbe consentire la selezione di partecipanti alla sperimentazione clinica per individui specifici i cui profili suggeriscono alterazioni in quel meccanismo, suggerendo che potrebbero essere più propensi a rispondere a una terapia mirata. E terzo, potrebbe fornire una lettura dell’efficacia che precede e predice l’esito clinico.
Dalla neurobiologia alla scienza traslazionale e agli studi clinici meccanicistici guidati dai biomarcatori, l’approccio di sviluppo farmacologico di NIMH mira a massimizzare gli investimenti pubblici nello sviluppo di farmaci, assicurando che il progresso scientifico prosegua attraverso il processo traslazionale e facilitando l’attuazione di trattamenti efficaci attraverso partnership pubbliche e private