Evoluzione e Psiche

EvPsiche150x200Nonostante i numerosi ritrovamenti di resti umani fossili, nel puzzle della storia degli ominidi manca più del 99.99% dei pezzi che dovrebbero documentare in maniera completa la storia della nostra specie. Le attuali conoscenze dell’evoluzione della specie umana si basano per la maggior parte su qualche dente e su pochi frammenti ossei. Allora come è possibile disegnare i tratti essenziali dell’evoluzione della mente umana (Mitchen S, 1999)? Molti studiosi hanno cercato di dare una risposta a questa domanda. La natura della mente e la sua relazione con il cervello (il problema mente-corpo) è stato per molti secoli un argomento constante per la filosofia. Con la pubblicazione del libro “The Expression of Emotions in Man and Animals” nel1872, Darwin ha aperto una porta per la spiegazione dei processi evolutivi del comportamento umano. Da allora numerosi studiosi hanno pubblicato numerose ricerche su questo argomento: neurologi, primatologi, antropologi, biologi, fino ad arrivare a scienziati che studiano l’intelligenza artificiale (I. Aleksander, 2001). La lista è lunga e in questa non possono mancare gli psicologi e gli psichiatri. Negli ultimi anni sempre più ricercatori psichiatri hanno investigato in questo campo nel tentativo di individuare i caratteri essenziali delle trasformazione che la mente umana avrebbe avuto nel corso dei millenni. Siamo giunti alla considerazione e alla affermazione che la componente “fisica” della malattia  sia essenziale per la comparsa dei sintomi caratteristici della malattia. Oggi  molti psichiatri ritengono che la depressione o l’ansia possono essere sintomi di un disturbo biologico causato da anomalie cerebrali che bisogna curare con i farmaci.

Randolph M. Nesse e George C. Williams hanno evidenziato che  “Negli ultimi anni la psichiatria ha subito una profonda trasformazione. L’attenzione della ricerca si è spostata dalla mente al cervello […] e nel contempo gli psichiatri hanno abbandonato il modello di disordini psichici basato su processi psicologici di disadattamento per passare a uno basto su malattie organiche“.

Le malattie mentali nel corso degli ultimi anni sono state sempre più viste come malattie organiche e molti sintomi psichiatrici possono rappresentare difese dell’organismo nel tentativo di adattamento alle sopraggiunte condizioni e variazioni della vita individuale e sociale. Gazzaniga (1997) riteneva che “se la maggior parte delle nostre facoltà psicologiche deriva da un processo di selezione naturale, il cervello, in cui risiedono i circuiti neuronali che consentono le funzioni psicologiche, dovrebbe necessariamente svilupparsi in maniera geneticamente determinata“. Quindi, l’approccio genetico può darci una mano nella valutazione dei meccanismi che sono alla base del fenotipo mentale. Ma quale è il ruolo della psichiatra nell’individuazione e identificazione della mente umana?

La psichiatria ha cercato negli ultimi anni di individuare e di stabilire criteri diagnostici sempre più specifici e chiari per la definizione delle malattie mentali che ritrovano il loro frutto nella pubblicazione del DSM e dell’ICD. In quest’ambito di ricerca si sono introdotti autori che hanno cercato di seguire la strada tracciata da Darwin e sulla base delle moderne conoscenze raggiunte nelle neuroscienze hanno iniziato a delineare i fondamenti dei principi essenziali dell’evoluzione della psiche umana. Alcuni autori arrivano a pensare che le malattie mentali siano i nuovi aspetti della vita moderna e che molti punti deboli della psicologia umana non siano errori ma compromessi di progettazione. Ma come sottolineato da Nesse questo percorso potrà determinare una limitazione del campo della psichiatria; infatti, se la psichiatria continuerà nel suo corso attuale, potrà curare solo le malattie causate da anomalie cerebrali dimostrabili, mentre il dolore e la sofferenza della vita di tutti i giorni saranno lasciati ad altri medici. È questo non potrebbe che riflettersi negativamente sui pazienti e sugli psichiatri.

Un giorno mentre stavo entrando in auto, al termine della nostra giornata lavorativa G. un infermiere intelligente, attento, curioso e “fervente cattolico” nel salutarmi notò un libro (Nesse & Williams, Perché ci ammaliamo) che stavo appoggiando sul cruscotto dell’auto e mi chiese di cosa si trattasse. In maniera frettolosa risposi che era un libro che trattava dell’evoluzione dell’uomo e delle sue malattie. G. perplesso e ironico rispose: “E Lei crede che ciò possa essere vero? Esistono prove reali e convincenti per dimostrare ciò?”. Aveva sintetizzato la domanda che da anni i ricercatori e gli studiosi si pongono. Aveva sintetizzato il problema e la contrapposizione tra “creazionismo” ed “evoluzionismo”.

Infatti, i creazionisti credono che la mente sia comparsa nella sua forma completa improvvisamente. Dal loro punto di vista ciò è frutto della creazione divina. Nonostante secoli di dimostrazioni e confutazioni evoluzionistiche i creazionisti hanno il loro proselito di convinti assertori dell’intervento divino come creatore unico e definitivo delle forme viventi attualmente presenti.

La risposta più semplice potrebbe essere la seguente: noi possiamo soltanto studiare il presente per conoscere il passato.

Mitchen ritiene che la mente umana moderna ha una lunga storia evolutiva e può essere spiegata senza ricorrere all’intervento divino.

L’obiettivo di questa rubrica è quello di individuare, segnalare, evidenziare i lavori, gli articoli ritenuti interessanti ai fini divulgativi al fine di documentare ed informare coloro che per la prima volta sono attratti da quest’argomento. Saranno segnalati in un finestra apposita i libri, i lavori, gli articoli per coloro che vogliono approfondire l’argomento.

Infine, riteniamo utile concludere con brani tratti dall’ultimo capitolo del libro di Robertson IH (Il cervello plastico. Rizzoli, Milano, 1999) che sintetizza le ultime opinioni sulla plasticità cerebrale: “Il dono fatto dall’evoluzione agli esseri umani è l’affrancamento dalle catene della biologia: tra tutte le nostre azioni importanti, assai poche sono preprogrammate e preordinate nei nostri geni. La mente scolpisce il cervello umano, e il modo in cui ciò avviene determina quanto amore e crudeltà, intelligenza e stupidità e mera abitudine noi offriamo al mondo. Il nostro successo evolutivo è basato sulla nostra capacità d’apprendere: quel che impariamo modella la materia del cervello. La deformabilità e la plasticità del nostro cervello è il regalo che l’evoluzione ha fatto all’uomo.

Davanti ad un bambino la cui vivacità mentale sia stata mortificata dalla povertà e dall’indifferenza, noi esseri umani possiamo riportare alla vita quell’intelligenza (se ne abbiamo la volontà). […] Il dramma è che questa volontà viene spesso minata dalle distorsioni della teoria darwiniana e dal fatalismo che esse generano. […] Cerchiamo dunque di non essere così meschini da incolpare l’evoluzione benigna per i mali che ci affliggono: essa non è colpevole delle violenze e delle efferatezze compiute dal genere umano. […] Darwin rabbrividiva all’idea che la sua meravigliosa teoria potesse essere applicata in modo così errato: non si può più parlare di selezione naturale per gli esseri umani, ora che la mente umana ha conquistato la sua libertà


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