Gestione farmacologica dei pazienti con Disturbo Borderline di Personalità
In un recente editoriale pubblicato nella rivista scientifica The American Journal of Psychiatry (agosto 2018), gli autori Gunderson e Choi-Kain hanno effettuato una riflessione sulle attuali conoscenze sulla terapia farmacologia del disturbo borderline di personalità (BPD). La lamotrigina è un farmaco che negli ultimi anni è stato utilizzato per la cura di questo disturbo, sebbene esistano pochi studi disponibili che ne abbiamo valutato la reale efficacia. Facendo riferimento ad uno studio pubblicato nello stesso numero dal gruppo di Crawford del Centre for Psychiatry, dell’Imperial College London, di Londra, hanno osservato che “questo studio sulla lamotrigina per il trattamento del disturbo borderline di personalità ha rafforzato 3 importanti lezioni sullo stato attuale del trattamento farmacologico di questo disturbo:
Tre aspetti principali sulla terapia farmacologica del BPD |
Nessun farmaco si è dimostrato efficace come agente primario nel trattamento del BPD |
Il DBP è un disturbo ben distinto dal Disturbo Bipolare |
Il placebo può essere un efficace trattamento se somministrato nel contesto di una buona gestione clinica. |
Nessun farmaco ha ricevuto una indicazione terapeutica per la cura del BPD da parte della Food and Drug Administration degli Stati Uniti, e il U.K. National Institute for Health and Care Excellence, l’istituto nazionale britannico ha confermato questa indicazione aggiungendo però la possibilità di utilizzare terapie farmacologiche per eventuali disturbi concomitanti.
Una delle pratiche più diffuse nel trattamento del BPD è l’uso di stabilizzatori del tono dell’umore, sebbene la concomitante presenza di un disturbo bipolare in questi pazienti si manifesti solo nel 15% dei casi. Questi due disturbi, considerati da alcuni autori sovrapponibili, hanno pochi sintomi in comune e presentano differenze importanti anche nei distretti cerebrali coinvolti nelle due malattie. Tra i problemi principali nell’uso degli stabilizzatori del tono dell’umore in assenza di un disturbo bipolare ci sono la comparsa di effetti collaterali non necessari e il ritardare l’uso di strategie terapeutiche più efficaci. Alcuni farmaci come la lamotrigina, inoltre, hanno la necessità di una lenta titolazione per controllare ed evitare la possibile comparsa della pericolosa sindrome Stevens-Johnson syndrome e della linfoistiocitosi emofagocitica.
Non bisogna, tuttavia, cadere nell’errore di rinunciare ad un trattamento farmacologico, in quanto i farmaci possono essere utili, osservano gli autori, nel costruire un’alleanza terapeutica, ad alleviare gli stati di sofferenza ed a controllare i sintomi della comorbidità, sebbene debbano essere prescritti con un “sano scetticismo”, come suggerito da Crawford.
“Un sano scetticismo è un antidoto per evitare qualsiasi sorta di idealizzazione nella relazione terapeutica” e una speranza eccessiva nella risoluzione del disturbo con i farmaci.
Nello studio di Crawford et al. è emerso un altro aspetto significativo: i pazienti con BPD mostravano una significativa riduzione dei sintomi, sia con la lamotrigina sia con il placebo. L’efficacia del placebo è probabilmente dovuta alla considerazione da parte del paziente di essere preso in carico e di essere sistematicamente monitorato.
La letteratura scientifica sul trattamento del disturbo borderline di personalità enfatizza le psicoterapie basate sull’evidenza, così come la terapia comportamentale dialettica, la terapia basata sulla mentalizzazione e la psicoterapia focalizzata sul transfert. Queste strategie, tuttavia, sono costose, spesso non integrano la gestione dei farmaci e hanno una disponibilità sufficientemente limitata tale da non riuscire a soddisfare le necessità di salute pubblica di questa popolazione
In conclusione, affermano gli autori, lo studio di Crawford e collaboratori non fornisce solo indicazioni sui limiti della lamotrigina per i pazienti con BPD, ma documenta anche il fatto che può essere utile fornire visite regolari focalizzate sul monitoraggio dei sintomi. “Quando prescrivono i farmaci, gli psichiatri devono essere consapevoli che dopo aver effettuato la diagnosi borderline del disturbo di personalità, la loro attenzione e i loro consigli – cioè gli aspetti psicosociali di buona cura – sono in grado di aiutare efficacemente i pazienti a gestire i loro sintomi e vulnerabilità. Una gestione psichiatrica generosa, buona, semplice può fare molto”.
References
Crawford MJ, Sanatinia R, Barrett B, et al.: The clinical effectiveness and cost-effectiveness of lamotrigine in borderline personality disorder: a randomized placebo-controlled trial. Am J Psychiatry 2018; 175:756–764
Gunderson JG, Choi-Kain LW. Medication Management for Patients with Borderline Personality Disorder. Am J Psychiatry.2018 ;175:709-711
Gunderson JG, Weinberg I, Choi-Kain LW. Borderline Personality Disorder. Focus 2013, 11:129-145
Zanarini MC, Frankenburg FR, Bradford Reich D, et al.: Rates of psychotropic medication use reported by borderline patients and axis II comparison subjects over 16 years of prospective follow-up. J Clin Psychopharmacol 2015; 35:63–67