Il tifo “calcistico”

(di Cosimo Anzalone)

 

Tifo calcisticoSeguo la mia squadra (l’Avellino calcio) da oltre 30 anni; in questi anni ho seguito, direttamente da-gli spalti dello stadio, quasi tutte le gare disputate dall’Avellino. Durante la settimana mi interesso dell’evoluzione della preparazione alla gara domenicale sia dal punto di vista agonistico (preparazione sportiva degli atleti) che organizzativo societario. Nel corso degli anni è divenuto molto più semplice seguirne l’evoluzione, grazie all’ampliamento dell’offerta dei mezzi di comunicazione di massa che dedicano sempre più spazio al fenomeno calcistico: agli inizi della mia passione bisognava essere molto più presenti fisicamente per seguire le attività della propria squadra, oggi è possibile seguire tutta l’attività calcistica minuto per minuto (dalla carta stampata al video alla connessione telematica e satellitaria). Il tifoso, è interessato alla sua squadra e, di riflesso, alle squadre che incontreranno la propria. Bisogna dire che tutta questa attenzione è rivolta non al movimento calcistico, ma ad un’unica squadra che il tifoso identifica come propria, immedesimandosi negli atleti che la rappresentano. Oggi molti incominciano a chiedersi che senso possa avere il tifo calcistico in quanto, analizzandolo molto semplicemente, si tratta di seguire undici giocatori contro undici, un pallone di cuoio, due porte, novanta minuti di gioco con lo scopo di scaraventare il pallone nella porta avversaria. Detto così, il gioco del calcio risulterebbe appiattito e persino assurdo, ma la verità e che c’è una vera passione, non solo per i giocatori che lottano per il possesso del pallone, ma anche per il tifoso che è pervaso da emozioni che spesso rasentano il limite della follia. Il tifo calcistico si potrebbe considerare quasi una forma di religione: il sacro misto al profano, simbolo di appartenenza, capacità di aggregazione che attualmente la politica e la religione sembrano aver perduto. Il tifoso, infatti, non solo segue le partite disputate, ma durante la settimana segue le vicende del mondo calcistico, il calcio sembra avere una funzione egualitaria sociale, offrendo a persone appartenenti a tutti gli strati della società un argomento capace di unire tutti. Dottore, avvocato, operaio, tutti possono, parlare di calcio e tifo calcistico. Se si osserva il gioco del calcio da vicino, viene fuori che, oltre ad essere un’attività agonistica, è anche una riscoperta del rispetto del corpo. Nel calcio è proibito usare le mani; si ha a disposizione tutto il resto del corpo: la testa, il petto, le gambe i piedi. Il gioco è semplice, tecnico, spettacolare, cosa quasi unica nei giochi di squadra, permette anche a persone di bassa statura di diventare campioni. Il tifo calcistico è dunque una dolce estasi; si è sempre parlato di una voglia di abbandono provvisorio dal razionale, si pensi al vino, al fumo o ad altre sostanze eccitanti che conducono ad uno stato di ebbrezza che comporta un distacco dal razionale: tutto questo è bello, si guarda una partita liberandosi dagli impegni professionali, dai manierismi di classe, si interrompe la routine quotidiana per lasciarsi andare all’irrazionale.

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