La dignità umana

Titolo dell’opera: La dignità umana
Tecnica di esecuzione: Vetrofusione
Dimensioni: 55 x 90 cm
Data di esecuzione aprile 2017
Motivo ispiratore del tutto è la dignità dell’uomo, rappresentata secondo una scala ascensionale che si sviluppa lungo una diagonale che va dalla sinistra in basso (dove è rappresentata della materia informe) a destra in alto (un volto di donna), a cui si affiancano – in posizione simmetrica – un puttino a sinistra e una maschera a destra.
Il significato del tutto:
Innanzitutto la scelta del materiale, un vetro di scarto, scheggiato in più parti e con un angolo rotto, quindi arte di riciclo, che obbedisce ad una specifica scelta poetica dell’autore: dare dignità di arte a ciò che gli altri considerano superfluo, anzi, rifiuto di cui liberarsi. E appunto, frugando tra i rifiuti, i materiali di scarto, le cose di cui altri vogliono disfarsi, lo – scultore dagli anni ’60 ad oggi – costruisce le sue opere. Il tutto nella prospettiva di dare dignità, alla materia inerte, al “rifiuto” che si butta via.

Al centro del suo mondo l’uomo, con i suoi limiti, con i suoi problemi, ma anche e soprattutto con la sua grandezza, con la sua capacità di guardare in faccia la realtà, senza false illusioni e senza sogni. Di qui i due elementi simmetricamente collocati ai due lati della diagonale: la maschera e il puttino.
La prima ricorda Pirandello, “sul tuo cammino incontrerai più maschere che volti”, il secondo l’illusione umanistico-rinascimentale, che collocava l’uomo al centro dell’universo, conferendo al volto umano i tratti della perfezione, che andavano al di là della reale oggettività dei fatti.
Il punto di arrivo del percorso, il volto di donna, con le sue rughe, con il suo atteggiamento pensoso, con il suo carico di vita e di sofferenza, con la sua umana fragilità, ma nel contempo con la sua grandezza che la rende simile a noi, una di noi, in piena e totale sintonia con la convinzione espressa da Terenzio nel Punitore di se stesso “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”. Sono un uomo anch’io e tutto ciò che riguarda gli uomini, mi tocca direttamente in quanto io sono uno di loro.
È il messaggio finale, l’abbraccio corale dell’artista che raccoglie la materia inerte, la sublima attraverso l’arte e non perde di vista quell’umanità che lo circonda, quell’umanità di cui fa parte, con il suo carico di attese e di speranze, di dolore, di delusioni, con nell’animo la ferma convinzione che ci sarà sempre e comunque una soluzione a tutto. Non pessimismo rinunciatario, dunque, ma invito a darsi reciprocamente una mano per far fronte al male di vivere.
È il messaggio della ginestra leopardina, quella ginestra – mi si perdoni l’autocitazione – che raccolsi e portai nella sala del convegno, a Villa San Nicola, il 6 maggio scorso.