La “Puttanesca”

Un altro primo piatto della tradizione napoletana sono gli spaghetti alla puttanesca, detti anche semplicemente “aulive e chiapparielle” (olive e capperi). Sono preparati con un sugo a base di pomodoro, olio d’oliva, aglio, olive nere di Gaeta, capperi e origano. A dire la verità, dello stesso piatto esiste anche una variante laziale che vede aggiunte le acciughe sotto sale. Ma, perché questo nome così originale? È ovvio che su questo punto la fantasia va a briglia sciolta, e le interpretazioni sono molte.

Agli inizi del XIX secolo, il solito Cavalcanti, nel suo manuale Cucina teorico-pratica, propose alcune ricette di cucina popolare napoletana, tra le quali una “puttanesca” ante litteram, definendola “Vermicelli all’oglio con olive capperi ed alici salse”. Nel 1931 la Guida gastronomica d’Italia, edita dal T.C.I., la elenca tra le specialità gastronomiche della Campania, definendola “Maccheroni alla marinara“, anche se la ricetta proposta è indubbiamente quella della moderna puttanesca. Si tratta di uno di quei casi nei quali il nome è successivo alla comparsa della ricetta. Raffaele La Capria cita per la prima volta il termine di “spaghetti alla puttanesca“, nel romanzo Ferito a morte, del 1961, in cui si menzionano gli “spaghetti alla puttanesca come li fanno a Siracusa”.

Arthur Schwartz, autore di “Naples at table” (1998), dà alcune interpretazioni sull’etimologia di questo nome, riconoscendo che sia stato “un enigma di difficile soluzione” per gli studiosi.

Alcuni dicono che il nome di questa ricetta derivò, all’inizio del secolo, dal proprietario di una casa di appuntamenti nei Quartieri Spagnoli, che era solito rifocillare i propri ospiti con questo piatto, sfruttandone la rapidità e facilità di preparazione. Altri fanno riferimento agli indumenti intimi delle ragazze della casa che, per attirare e allettare l’occhio del cliente, indossavano probabilmente biancheria di ogni tipo, di colori vistosi e ricca di promettenti trasparenze. I tanti colori di questo abbigliamento si ritroverebbero nell’omonima salsa: il verde del prezzemolo, il rosso dei pomodori, il viola scuro delle olive, il grigio-verde dei capperi, la tinta granata dei peperoncini.

Altri sostengono che l’origine del nome sia da attribuire di una ragazza di vita, Yvette la Francese, dotata di fantasia, di senso dell’umorismo, di ironia, che forse sfruttò per celebrare la professione più antica del mondo, dando il nome a questo piatto.

Viene riportata invero anche una versione diversa, per cui l’invenzione del nome deve essere attribuita all’architetto Sandro Petti, proprietario del Ristorante Rancio Fellone, protagonista della vita mondana di Ischia negli anni 50.

Una sera, molto tardi, un gruppo di amici si presentò al Ristorante, chiedendo di farli mangiare. Chiesero che preparasse qualcosa, qualunque cosa, anche una “puttanata qualsiasi” e così ricorse ai prodotti freschi dell’orto, che in quel momento aveva a disposizione. Nacquero gli “spaghetti alla Puttanesca”.

Pare che il Vescovo di Napoli del tempo, Ernesto De Laurentiis, si sia molto scandalizzato con Sandro Petti, ed anzi lo abbia aspramente redarguito, avendo saputo che il menù conteneva il piatto che si chiamava così sconciamente.

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