La speranza e la paura del vaccino
La speranza, la paura e l’angoscia sono emozioni universali e come tali servono all’uomo per difendersi dagli eventi avversi e potenzialmente pericolosi. Le preoccupazioni e le paure deflagrate improvvisamente all’esordio della pandemia da COVID-19 hanno trovato conforto nella speranza di una rapida disponibilità del vaccino antivirale. Allo spavento iniziale per tale evento destabilizzante per la quotidianità abituale, abbiamo reagito con la “condivisione” delle nostre paure per cercare di trovare nuovi equilibri e darci risposte tranquillizzanti. Ha avuto comunque il merito di accrescere la consapevolezza dall’importanza delle relazioni umane e degli affetti. Il ritorno alla vita normale, tuttavia, sarebbe avvenuta indiscutibilmente soltanto in seguito alla vaccinazione di massa.

Il nuovo virus, entità “mostruosa” e sconosciuta, seppur resistente e mutevole, è diventato pian piano “familiare”, assumendo quasi una forma nota di appartenenza e di controllo. Abbiamo imparato a conoscerlo e di conseguenza a temerlo di meno; il vaccino è diventato l’arma letale per la distruzione del mostro. Le nostre paure però si sono spostate verso un’altra entità sconosciuta, il vaccino. Seppur consapevoli del suo potere salvifico molte persone sono state assalite dalla paura e dalla angoscia del “nuovo sconosciuto”.
È diventato presto evidente che per porre fine alla pandemia, avremmo dovuto affrontare un altro problema sempre più crescente e pervasivo in una buona fetta della popolazione: l’incertezza sulla reale efficacia del vaccino e sugli effetti collaterali che il vaccino stesso potrebbe provocare. Dalla considerazione iniziale di un’azione salvifica globale si è passati all’insinuante idea di una dannazione futura. Da una paura per un “oggetto di cui si ha timore” si è passati all’angoscia di un pericolo non ben identificabile, di cui si è in attesa e di cui non si riescono a definirne i confini.

Esitando sulle considerazioni sulle motivazioni del rifiuto di vaccinarsi dei cosiddetti no-vax, il problema della preoccupazione sulla reale efficacia e sugli effetti reali o presunti del vaccino ha colpito una larga fetta della popolazione generale e si insinuata anche tra i promotori e depositari delle scienze e dei saperi scientifici: gli operatori sanitari.
Questo aspetto apparentemente paradossale si poggia proprio sulla convinzione del “sapere” come condizione di consapevole certezza al di là di ogni dubbio. “Io sono un professionista della salute e quindi so”. È aumentata, così, la “certezza scientifica” di poter essere contaminati da agenti infettanti geneticamente modificati con conseguenti ripercussioni genetiche a lungo termine sulla salute dei vaccinati. Sono singolari anche le motivazioni di alcune persone che rifiutano il vaccino contando sulla immunità complessiva della popolazione generale, dando prova di un “traballante senso civico e di condivisione sociale”. Non va dimenticata tra le cause della paura del vaccino anche quella della puntura, dell’ago che inocula il vaccino. In definitiva si ha paura, quindi, di essere vittime di eventi poco probabili ma che colpiscono le fragilità e le angosce vissute nel periodo pandemico. La paura, l’ansia e il timore dell’imprevisto, dell’evento imponderabile, hanno così preso il sopravvento. Neanche le rassicurazioni delle Organizzazioni della Salute Pubblica sono riuscite a ridurre la paura e l’angoscia sulla somministrazione del vaccino, probabilmente influenzate da disorientati e spesso contraddittorie informazioni dei mass-media
In un recente studio americano condotto dal gruppo di Ashley Kirzinger della Henry J. Kaiser Family Foundation (aprile 2021), è stato riscontrato che il 48% degli operatori sanitari non si era ancora vaccinato in attesa dei chiarimenti istituzionali e che il 18% di essi aveva rifiutato il vaccino COVID-19 a causa della “certezza” per i possibili gli effetti collaterali a breve e a lungo termine. Lo studio ha evidenziato, tuttavia, che quando la popolazione generale percepiva il rischio di malattia molto alto, aumentava la decisione di vaccinarsi nonostante le preoccupazioni di eventuali effetti collaterali del vaccino.
Esistono due barriere che limitano la somministrazione del vaccino: barriere strutturali e barriere sistemiche. Le prime comprendono la capacità dei servizi sanitari di facilitare l’accesso agli hub vaccinali, le modalità di trasporto, i tempi e i costi dell’organizzazione; mentre le barriere attitudinali riguardano le considerazioni su vaccini, la fiducia e le percezioni che agiscono sulla volontà degli individui di cercare i servizi di vaccinazione. In questo caso la fiducia della popolazione nelle agenzie sanitarie e nelle istituzioni pubbliche assume una importanza decisiva nel successo di una adeguata campagna vaccinale.
L’importanza di una adeguata informazione sulla sicurezza dei vaccini, se qualora ce ne fosse stato bisogno, è stata confermata in un gruppo elevato di partecipanti da uno studio finlandese del gruppo di Linda Karlsson del Dipartimento di Psicologia della Åbo Akademi University, Finlandia. Questo studio ha concluso che l’enfasi sugli effetti negativi il COVID-19 per la salute per le persone infette, influenza positivamente la decisione di vaccinarsi agendo sul bilanciamento costo/beneficio. In questo studio è stato osservato che circa il 3/4 degli intervistati ha dichiarato che avrebbe preso un vaccino contro il COVID-19, se tale vaccino fosse stato disponibile e raccomandato dalle autorità. Il predittore più forte di avere alte intenzioni di prendere un vaccino COVID-19 era fidarsi che il vaccino fosse sicuro. Le intenzioni vaccinali più elevate erano anche un po’ più probabili per gli intervistati che percepivano la malattia come più grave, rispetto a coloro che considerano COVID-19 come una malattia lieve.

Informare l’opinione pubblica sulla sicurezza di un prossimo vaccino è di fondamentale importanza per le autorità sanitarie che pianificano di effettuare vaccinazioni su larga scala nel prossimo futuro. Evidenziare il fatto che il COVID-19 possa avere conseguenze dannose per la salute per le persone infette, può anche influenzare positivamente la somministrazione del vaccino, anche se l’entità di tale effetto può essere minore. Evitare di stigmatizzare le preoccupazioni per la somministrazione del vaccino vuol dire capire le motivazioni sommerse dalle naturali paure e angosce ma è dovere degli operatori sanitari e delle forze politiche di mettere in atto tutti gli strumenti comunicativi e le strategie professionali e giuridiche per cercare di aumentare la percentuale della popolazione che si è vaccinata. Le paure e le angosce fanno parte della natura umana ma la capacità intellettiva e decisionale propria degli esseri umani deve essere il motore della crescita sociale di ogni di noi. La paura del nostro mostro potrebbe prendere il sopravvento e indurci a compiere scelte inconsapevoli, temporaneamente appaganti, ma distruttive per la società. Per fortuna abbiamo l’intelletto.
Bibliografia
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