Lo stigma dei disturbi mentali gravi

Molte persone affette da disturbi mentali gravi, i cosiddetti Serious Mental Illness (SMI) lamentano l’ “auto-stigma o self-stigma”. Cioè hanno timore, vergogna e paura di mostrarsi agli altri con / per la loro patologia. Le conseguenze sono devastanti in quanto possono essere causa di una ridotta o assente gestione della loro malattia.

I ricercatori Link e Phelan nel 2001, nel loro storico articolo, affermano che lo stigma “comprende etichette, stereotipi, elementi di divisione, di perdita del proprio status quo e di discriminazione che si manifestano in una situazione potente che permette ai componenti dello stigma di dispiegarsi”.

Lo stigma percepito è definito come “le proprie convinzioni sugli atteggiamenti della popolazione generale nei confronti delle persone affette da SMI”.

Questo va diversificato dal cosiddetto “self-stigma”, o “stigma internalizzato”, che riguarda, invece, i processi di trasformazione in cui la precedente identità sociale di una persona (definita dal ruolo sociale in quanto figlio, fratello, sorella, amico, collega di lavoro o partner) è progressivamente sostituita da un punto di vista su se stessi di svalutazione  e di stigmatizzazione, conosciuto come “identità di malattia”. Julien Dubreucq e collaboratori, nel loro lavoro pubblicato nella rivista scientifica Schizophrenia Bulletin nel numero di settembre 2021, affermano che il “self-stigma” si manifesta quando una persona va oltre la mera consapevolezza dello stigma pubblico e in realtà è in accordo con essa e la applica a se stesso”.

Il problema diventa ancora più delicato quando il “Self-stigma” è provato dai giovani ad alto rischio clinico di psicosi, in quanto si sentono ancora più discriminizzati rispetto agli adolescenti che si rivolgano agli specialisti della salute mentale per altre patologie.

Questi giovani possono catalizzare la stigmatizzazione (da parte di coetanei, familiari, colleghi di scuola e di lavoro, operatori sanitari, se stessi) che può contribuire ad aumentare il disagio psichico, la paura, il rischio suicidario, può portare al ritiro sociale, allo scarso coinvolgimento con i servizi e persino conversione alla psicosi. Il Prof. Joseph S DeLuca del Department of Psychiatry, della Icahn School of Medicine at Mount Sinai, New York,  USA, insieme ai suoi collaboratori ha affrontato questa problematica nell’editoriale pubblicato nel numero di novembre 2021 della rivista scientifica Schizophrenia Bullettin.

Gli autori pongono in risalto la necessità di mettere in atto iniziative e programmi di intervento per intervenire nella prevenzione dello stigma in questo gruppo clinico di adolescenti e giovani. Gli autori sintetizzano tre punti fondamentali su cui lavorare:

  1. Costruire una lente sull’adolescenza e sulla giovane età adulta per comprendere le dinamiche tra le esperienze e le preoccupazioni dello stigma e la famiglia dei giovani, i coetanei e il concetto di sé emergente e lo sviluppo funzionale.
  2. Comprendere in maniera più approfondita gli impatti multiformi del rischio di sviluppare le psicosi a confronto con altre esperienze di salute mentale e capire l’associazione tra stigma internalizzato e sviluppo di psicosi
  3. I giovani con elevato rischio di psicosi spesso riferiscono di aver subito più discriminazioni legate alle identità non psichiatriche rispetto ai controlli non psichiatrici, ad esempio, per il loro aspetto, a condizione di disabilità, la religione e l’orientamento sessuale.

Poiché in letteratura scientifica non ci sono elementi significativi per identificare interventi mirati sui giovani, gli autori suggeriscono di poter valutare la possibilità di utilizzare gli interventi sullo stigma interiorizzato negli adulti.

I componenti principali degli interventi negli adulti includono tipicamente la psicoeducazione, le strategie cognitive e un focus sulla narrazione e la creazione di significato.

Lo stigma alla sua radice è un problema sociale e dovrebbe essere effettuato un lavoro continuo per sradicare lo stigma a livello di comunità, attraverso approcci multilivello che comprendano, controllino e agiscano sulle rappresentazioni dei media, sulle politiche sociali e legislative e sulla scuola” (Dubreucq et al. 2021).

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Gli obiettivi dello studio di Dubreucq J et al. (2021) sono stati i seguenti:

  1. Riassumere la frequenza, i correlati e le conseguenze del Self-Stigma negli individui con SMI;
  2. Confrontare lo stigma in differenti aree geografiche e riassumere la sua potenziale associazione con i fattori culturali;
  3. Valutare i limiti e le forze dell’attuale corpo di evidenza scientifiche per guidare la ricerca futura.

Gli autori attraverso diversi database e motori di ricerca scientifica (PubMed, Web of Science, PsycINFO, Scopus, and Ovid SP Cumulative Index to Nursing and Allied Health Literature [CINAHL]), hanno raccolto i dati riguardanti la frequenza, i correlati e le conseguenze dello stigma negli SMI.

Tra i 272 articoli selezionati, 80 (29,4%) hanno riportato la frequenza del self-stigma, 241 (88,6%) correlati di self-stigma e 41 (15%) correlati longitudinali e le conseguenze del Self-stigma.

In generale, il 31,3% dei pazienti con SMI ha riportato alti livelli di self-stigma. La frequenza del Self-stigma è stata trovata essere elevata in tutto il mondo, I livelli più elevati si sono registrati, tuttavia, nel Sud-Est Asiatico (39,7%).  Il Self-stigma era strettamente associato con lo stigma percepito ed esperienzato. Questi concetti, affermano gli autori, devono essere distinti e differenziati tra, come consapevolezza degli stereotipi e auto-etichetta non necessariamente in accordo con gli stereotipi, autoapplicazione e incremento del self-stigma. Ridurre lo stigma significa orientarsi verso le osservazioni negative su se stessi. Prendere una decisione consapevole sulla divulgazione di una diagnosi di SMI potrebbe essere efficace per gli adolescenti o le persone nelle prime fasi dell’auto-stigmatizzazione.

I predittori sociodemografici e correlati alla malattia hanno prodotto, tuttavia, risultati contrastanti.

Lo stigma percepito e sperimentato, anche da parte di fornitori dei servizi di salute mentale, ha predetto il Self-stigma, il che supporta la necessità di sviluppare campagne anti-stigma e interventi orientati al recovery. Gli autori concludono che la psicoterapia, la riabilitazione psichiatrica e gli interventi precoci orientati al recovery potrebbero ridurre l’auto-stigma e dovrebbero essere meglio integrati nelle politiche sanitarie pubbliche.

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Per approfondimenti…

Link BG, Phelan JC. Conceptualizing Stigma. Annual Review of Sociology. 2001;27:363–85.

DeLuca JS et al. Schizophrenia Bulletin, Volume 47, Issue 6, November 2021, Pages 1512–1514 https://doi.org/10.1093/schbul/sbab098

Dubreucq J et al. Schizophrenia Bulletin, Volume 47, Issue 5, September 2021, Pages 1261–1287 https://doi.org/10.1093/schbul/sbaa181

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