Ma la musica fa bene?

Note storiche sulla nascita della musicoterapia

Breve excursus sull’impiego della musica come terapia dagli sciamani ai nostri giorni

Si perde nella notte dei tempi il ricorso alla musica come arte sacra capace di calmare e curare ogni disagio facendo cantare le parti più belle e sane del corpo. Si racconta che uno dei primi, più famosi ammalati di depressione della storia,il re Saul,riuscisse a trarre un qualche beneficio dalla melodia “eutimica” prodotta dall’arpa che Davide faceva vibrare per lui. Musica e Medicina nel corso dei secoli si sono fatte compagnia quali arti sorelle capaci,entrambe,di sfruttare le loro caratteristiche per guarire l’uomo; pur se avvolte nell’ombra della superstizione tra incantesimi,pozioni e magia già le civiltà cinesi,indiane,e poi quelle greche e medievali credettero nell’incantesimo magico quella sorta di mistica unione tra musica e medicina capace di guarire e curare . “Il sacerdote medico” (lo sciamano) sapeva che il mondo è costituito secondo principi musicali, che la vita del cosmo, ma anche quella dell’uomo, è dominata dal ritmo e dall’armonia. Sapeva che la musica ha un potere “incantatorio” sulla parte irrazionale, che procura benessere e che nei casi di “malattia” può ricostituire l’armonia perduta. La moderna scienza del suono in ambito clinico è nata e si è sviluppata proprio grazie agli approfonditi studi che le culture più primordiali hanno compiuto in questo affascinante campo. Molte intuizioni e scoperte relative al suono, elaborate ad esempio dai saggi indù, trovano oggi conferma da parte della scienza moderna. Ogni rito ,infatti,possedeva un canto, melodie e ritmo che divenivano simbolo stesso di quella particolare attitudine emozionale, scatenata dal momento. Grande importanza aveva il suono nei rituali a sfondo prettamente terapeutico. Proprio dall’antichità ci arrivano frammenti di testimonianze scritte, in cui si parla della musica come del mezzo attraverso cui accedere alla divinità:
Nel 3000 a.C. la pratica musicale religiosa che veniva coltivata all’interno dei templi numerici, venne descritta in ogni particolare: i sacerdoti consultavano gli oracoli con l’accompagnamento della lira e intonavano formule magiche durante la somministrazione di sostanze medicinali” (Mc Clellan 1991:144 – 145)”.
Nella cultura cinese appare intorno al terzo millennio A.C il “primo” libro di medicina, che è contemporaneamente un libro di musica, dove viene indicata la struttura della prima scala pentatonica. Interessante la visione cinese della natura della musica. Nel noto libro di medicina cinese, il Nei Ching, l’imperatore Huang Ti, intorno al III a. C., fissò la “struttura originaria della scala pentatonica, mettendola in relazione con i cinque elementi fondamentali: la Terra, l’Acqua, il Fuoco, il Legno e il Metallo. Tale legame aveva le sue basi nella reciproca interazione energetica di suono e dell’elemento corrispondente, fondata a sua volta sulla legge della polarità universale Yin e Yang. Addirittura, in un periodo successivo, sempre i cinesi trovarono una precisa corrispondenza tra 12 suoni, da loro identificati, e i meridiani principali del corpo umano. Tale relazione facilitava il riequilibrio dello stato di salute, in quanto il suono e la musica, applicati in determinati punti del corpo, facilitavano il flusso dell’energia vitale, sbloccando i punti “energeticamente” deboli. 2600 anni fa, gli antichi medici egizi credevano che i canti magici potessero curare la sterilità, i dolori reumatici e le punture di insetti (un fenomeno a noi più vicino è rintracciabile nel tarantismo); nella cultura della Grecia classica suonare il flauto serviva a lenire il dolore dovuto alla sciatica e alla gotta. I medici indiani nelle loro scritture sacre lasciano intuire il legame profondo tra mondo manifesto e suono e ne descrivono palesemente l’impiego a scopo terapeutico. In India la “dottrina dei suoni” che curano fu approfondita e sperimentata fin dall’antichità, grazie alla medicina tantrica, ancora oggi praticata in alcuni monasteri. Alla base di questo “metodo terapeutico” vi era l’idea del rapporto stretto tra salute dell’uomo e sua perfetta unione con l’universo. Nel momento in cui tali proporzioni, o equilibrio energetico, fossero venute a mancare, potevano essere ristabilite attraverso una musica idonea:
Gli Yogi regolavano il ritmo della circolazione del cuore e di ogni azione del respiro con l’aiuto della vibrazione, della musica, del tono e del ritmo. Ciò li portava dalle vibrazioni udibili alle vibrazioni interiori e ciò vuol dire: al suono al respiro,che nel linguaggio degli indù sono la medesima cosa. Il nome per il suono e pe il respiro è Sura” (Hazrat Inayat Khan 1931: 132)”.
Rufus di Efeso (a.d. 100 circa) raccomandava la musica, insieme ad altri piacevoli stimoli come il vino, le piacevoli conversazioni, l’ascolto della poesia e le passeggiate nei giardini, per il sollievo dal “mal d’amore”. Lui citava anche il potere attribuito ad Orfeo di poter cambiare lo spirito di qualsiasi uomo, in qualsiasi direzione lui scegliesse, con la sua musica. Filosofi quali Platone ed Aristotele non furono immuni dal fascino della scienza musicale, furono pensatori e filosofi anche dei musicologi e musicisti convinti che le arti del ritmo contribuissero a migliorare la calma interiore, la serenità e la morale. Aristotele affermava che la musica possiede la caratteristica di migliorare la morale, ha un potere liberatorio, alleviante e catartico delle tensioni psichiche. Altrettanto sorprendenti le intuizioni di Pitagora. L’influenza della teoria platonica farà sentire i suoi echi più in là ad esempio nei maggiori scrittori greci che si occupavano di musica nel periodo romano: Ptolemio e Aristide Quintiliano. Nel nostro medioevo i depositari sia della scienza medica, sia della musica, sono i monaci. Significativo è l’esempio di Nokter Balbulus, monaco, terapeuta e musicologo nella abbazia di SanGallo in Svizzera.

L’uso del flauto come mezzo terapeutico nella stessa epoca era già conosciuto dagli arabi che lo usavano per curare i disturbi mentali. Con il Rinascimento in Europa prende vigore l’influsso laico nelle scuole di Salerno e Montpellier. Arnaldo da Villanova crea la nozione di “simpatia universale”, stabilendo i rapporti di vibrazione che si creano tra i corpi sonori, tra i quali quello umano. Nella stessa epoca molti medici sono convinti che imparando a suonare qualche strumento musicale, la loro capacità di ottenere guarigioni si affini e si sviluppi. Il primo trattato di musicoterapia risale alla prima metà del 1700 a cura di un medico musicista londinese, Richard Brockiesby. Il suo volume fece il giro d’Europa sollevando interesse ed anche scetticismo. S. Porgeter fu uno dei primi medici a capire la necessità di una conoscenza molto approfondita della “scienza Musicale” per applicarla con successo nella cura di certi disturbi mentali. Nei secoli successivi le osservazioni intorno ai poteri dei suoni e della musica sulla mente e anche sul corpo umano si moltiplicano. Si incominciano a scoprire relazioni tra ritmi corporei e ritmi musicali, fra pulsazioni e battute musicali, tra ritmo del respiro e ritmo musicale. Louis Roger esaminò in modo critico gli effetti della musica sul corpo; Hector Chamet pubblicò l’opera dal titolo “Effets et influence de la musique sue la sante et sur la melodie”, in cui riportava una ricca casistica di terapie musicali. Karl Strumpf in Germania, verso la fine del 1800 studiò la nozione di “psicologia del suono” e mise l’accento sull’impatto sonoro vissuto da chi ascolta la musica. Era la base degli studi della musicoterapia moderna che si differenza da quella antica perché non si basa più su nozioni empiriche o rituali, ma su studi scientificamente testabili, ciò sottintende esperienze cliniche e biologiche serie. Molta strada è stata percorsa da queste prime intuizioni e studi empirici e meno fino ad arrivare alla fine gli anni ’90 al riconoscimento della comunità scientifica internazionale e al 1° congresso internazionale di Musicoterapia……..

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