Schizofrenia

Riferimento bibliografio:

Jauhar S, Johnstone M, McKenna PJ. Schizophrenia. Lancet. 2022 Jan 29;399(10323):473-486

Di recente pubblicazione sulla rivista scientifica Lancet, la review di Jauhar e collaboratori offre una sintesi chiara e completa sulle conoscenze attuali della schizofrenia. Non ci si può aspettare da questo lavoro la completezza degli argomenti trattati, ma può offrire una base di partenza dal quale approfondire i settori che sono stati affrontati.

Nei paragrafi sottostanti sono riportati i passaggi principali dell’articolo che proponiamo; alcune parti corrispondono alla traduzione non letteraria di alcuni aspetti ritenuti importanti e utili per avere un quadro complessivo delle conoscenze su questa patologia.

Oggetto a continua revisione e aggiornamento….

Introduzione

La schizofrenia può essere considerata come una delle più gravi malattie psichiatriche che compromette in maniera significativa la qualità della vita delle persone affette. Gravi sono le conseguenze sul benessere individuale in ambito familiare, sociale e lavorativa. In quest’ambito il tasso di disoccupazione si aggira tra il 70% e il 90% sia in Europa sia negli USA. Le persone affette da schizofrenia hanno, inoltre, una ridotta aspettativa di vita di 13-15, per la sovrapposizione di stili di vita alterati così come cattive abitudini alimentari, il fumo di sigarette e la comorbilità di sostanze stupefacenti contribuiscono a ridurre l’aspettativa di vita di 13-15 anni. Il tasso di suicidio raggiunge il 5%.

Nei paragrafi sottostanti sono riportati i passaggi principali dell’articolo che proponiamo; alcune parti corrispondono alla traduzione non letteraria di alcuni aspetti ritenuti importanti e utili per avere un quadro complessivo delle conoscenze su questa patologia.

Oggetto a continua revisione e aggiornamento….

Epidemiologia

Le indagini statistiche sulla incidenza della schizofrenia nella popolazione generale indicano che una persona su 100 può essere colpita da questa malattia nel corso della propria vita e che entrambi i sessi sono colpiti allo stesso modo. Una importante review condotta da McGrath ha evidenziato un rischio di malattia nel corso della vita di 11,9 ogni 1000 persone, con una mediana di 7,2 ogni 1000 persone (considerata dagli autori la stima più attendibile)

{La review è la seguente: McGrath J, Saha S, Chant D, Welham J. Schizophrenia: a concise overview of incidence, prevalence, and mortality. Epidemiol Rev 2008; 30: 67–76}

Una evidenza scientifica prodotta da una meta-analisi suggerisce una discreta maggiore frequenza negli uomini (tasso di incidenza maschio vs femmina è di 1,70).

{La review è la seguente: Jongsma HE, Turner C, Kirkbride JB, Jones PB. International incidence of psychotic disorders, 2002-17: a systematic review and meta-analysis. Lancet Public Health 2019; 4: e229–44}

La schizofrenia tipicamente insorge nei giovani adulti. Il picco di incidenza si manifesta intorno ai 20 anni negli uomini e si riduce costantemente nel tempo.

Nelle donne il picco è meno evidente e il declino è più graduale. Dalla metà dei Quaranta anni di età nelle donne i nuovi casi sono più numerosi di quelli negli uomini (vedi figura).

Un altro interessante dato epidemiologica è rappresentato dall’insorgenza della malattia nell’adolescenza. Sebbene l’insorgenza nell’infanzia sia inusuale è stata riscontrata una incidenza di 1 ogni 40000 casi.

È una patologia globale che si manifesta in tutte le popolazioni analizzate. È stata trovata, inoltre, una incidenza 5 volte maggiore della schizofrenia nello status di migrante e nelle popolazioni urbane.

Caratteristiche cliniche

Diverse caratteristiche cliniche sono state individuare essere caratteristiche di questo disturbo. Esse comprendono i sintomi positivi, conosciuti come psicosi o sindrome psicotica (ad es., deliri, allucinazioni e disturbi formali del pensiero [discorso difficile da seguire, fino a giungere a volte all’incomprensibilità] e i sintomi negativi che consistono in mancanza di volontà, ridotta produzione del linguaggio e appiattimento dell’affetto (ad es., ridotta espressione delle emozioni).

Questa duplice differenziazione è stata superata dall’analisi fattoriale di alcuni studi statistici che hanno permesso di distinguere tre gruppi dimensionali:

  • distorsione della realtà (deliri e allucinazioni)
    disorganizzazione (disturbo della forma del pensiero, comportamento
  • disorganizzato e il sintomo poco frequente di affettività inappropriata)
  • sintomi negativi indicati anche come sindrome della povertà clinica.

La catatonia è un’altra caratteristica riconosciuta della schizofrenia. La sindrome catatonica comprende stereotipie (movimenti e gesti ripetitivi non orientati all’obiettivo) e manierismi (movimenti diretti all’obiettivo eseguiti in modo idiosincratico, che spesso influenzano l’andatura), nonché una serie di altri comportamenti motori anormali che spesso si verificano su uno sfondo di stupore o eccitazione. Per ragioni sconosciute, le presentazioni catatoniche della schizofrenia sono diventate rare, specialmente nei paesi ad alto reddito; tuttavia, essendo osservate in poco meno del 10% dei casi, la loro frequenza è ancora apprezzabile. Originariamente considerata caratteristica della schizofrenia, la catatonia è ora riconosciuta anche nei pazienti con disturbo affettivo maggiore, nelle persone autistiche e nei pazienti affetti da una serie di condizioni neurologiche e mediche. Per questo motivo la catatonia è stata relegata allo status di cosiddetto specificatore di diversi disturbi nella quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), l’ultima edizione del manuale diagnostico pubblicato dalla American Psychiatric Association (AMA).

Sintomi di first e second rank

Grande importanza è stata attribuita ai cosiddetti sintomi di primo e secondo grado (first e second rank symptoms) della schizofrenia, descritti per la prima volta dallo psichiatra tedesco Kurt Schneider e da lui considerati come patognomonici del disturbo.

Per approfondire la gerarchia dei sintomi della schizofrenia clicca sull’immagine allegata.

La natura di questi sintomi apparentemente unici della schizofrenia ha dato origine a molte teorie secondo cui un’esperienza di sé distorta o anomala potrebbe essere il nucleo psicologico del disturbo.

Indipendentemente dal fatto che questa opinione sia corretta o meno, gli studi nel corso degli anni si sono mossi per diminuire la specificità diagnostica dei sintomi di primo grado, principalmente fornendo prove che possono essere osservati anche nelle forme psicotiche del disturbo affettivo maggiore. Di conseguenza, i sintomi di primo grado non fanno più parte dei criteri del DSM-5 per la schizofrenia.

Questo rifiuto potrebbe essere prematuro in quanto una revisione Cochrane del 2015 ha evidenziato che i sintomi di primo grado identificavano correttamente le persone con schizofrenia il 75-95% delle volte.

Il deterioramento cognitivo è un’altra caratteristica clinica della schizofrenia.

Sebbene minimizzato da Kraepelin, lo psichiatra che descrisse il disturbo, e negato vigorosamente da Bleuler, che gli diede il nome, è ormai universalmente accettato che i pazienti mostrino comunemente scarse prestazioni nei test della funzione esecutiva (frontale), della memoria a lungo termine e dell’attenzione, così come un grado variabile di deficit intellettivo generale.

Decorso ed esiti

La maggior parte delle persone che sviluppa la schizofrenia (il 73% secondo un ampio studio) mostra sintomi prodromici. Questi sintomi possono durare da una settimana a diversi anni, anche se la durata mediana sembra essere leggermente inferiore a 12 mesi.

I sintomi prodromici stessi sono non ben definiti e sono eterogenei, e vanno dai sentimenti indefinibili di cambiamento interiore, allo sviluppo di nuovi interessi (ad esempio, in questioni filosofiche e spirituali), alla rabbia, irritabilità, ansia e depressione e al ritiro sociale e deterioramento del funzionamento dei ruoli.

Recenti iniziative volte a identificare (e curare) le persone ad alto rischio di sviluppare la schizofrenia hanno anche evidenziato l’insorgenza di sintomi psicotici intermittenti brevi e limitati (noti anche come BLIPS: brief, limited intermittent psychotic symptoms) della durata di alcuni giorni.

Quando si manifestano sintomi psicotici franchi, essi sono spesso inizialmente episodici (qualcosa che è stato osservato anche prima del trattamento). I sintomi possono rimanere episodici o possono diventare persistenti, caratterizzando la schizofrenia cronica. I sintomi negativi tendono anche ad essere sostanziali nella schizofrenia cronica e possono influenzare notevolmente il funzionamento sociale e occupazionale in questo disturbo.

Malgrado il pessimistico punto di vista iniziale (Bleuler, ad esempio, considerava che il completo recovery non poteva mai essere raggiunto), molti pazienti affetti da schizofrenia ora hanno un decorso favorevole

Due metanalisi condotte nel 1994 e nel 2006 [Hegarty JD, Baldessarini RJ, Tohen M, Waternaux C, Oepen G. One hundred years of schizophrenia: a meta-analysis of the outcome literature.  Am J Psychiatry  1994; 151: 1409–16. – Menezes NM, Arenovich T, Zipursky RB. A systematic review of longitudinal outcome studies of first-episode psychosis.  Psychol Med 2006;  36:  1349-62] che hanno usato criteri di inclusione differenti, hanno evidenziato un decorso “migliorato” o “buono” rispettivamente nel 40% e nel 42% dei pazienti. Un completo recovery, tuttavia, appare meno frequente: solo il 13,5% dei pazienti soddisfaceva i criteri di un completo recovery, che richiedono al massimo la presenza di sintomi lievi e un buon funzionamento sociale per almeno 2 anni.

Controversie e incertezze

C’è un continuum nelle psicosi?

I libri di testo psichiatrici hanno tradizionalmente sottolineato che sintomi come deliri e allucinazioni sono al di fuori del contesto dell’esperienza normale.

Questa certezza è cambiata nel 2000 dopo che un sondaggio nazionale olandese condotto da van Os e colleghi ha trovato che il 5,8% della popolazione non affetta da malattie psichiatriche ha riportato deliri di grado lieve, sporadici o non dolorosi e il 3,3% ha sperimentato allucinazioni ugualmente ritenute non clinicamente rilevanti.

La percentuale di tali esperienze simil-psicotiche è attualmente stimata essere compresa tra il 5,2% e il 7,2%. Questa e altre scoperte hanno portato Johns e van Os a proporre l’ipotesi che la psicosi non dovrebbe più essere considerata come un’entità tutto o niente, ma piuttosto come un tratto quantitativo distribuito nella popolazione , lungo un gradiente, un continuum (vedi figura 6 dell’articolo originale).

La percentuale di prevalenza della presenza di sintomi psicotico del 5-7% potrebbe anche essere sovrastimata. La maggior parte degli studi fino ad ora effettuati non ha tenuto conto dell’influenza di eventuali falsi positivi: ad esempio, una persecuzione reale (ad es. molestie sul posto di lavoro), opinioni culturalmente accettate (ad esempio, nella stregoneria) e le cosiddette allucinazioni della vedovanza.

Nonostante le critiche e i giudizi contrastanti, questa ricerca ha avuto il merito di allertare i clinici sulla possibile presenza di esperienze e convinzioni insolite nei soggetti sani. A tal propositp

Tuttavia, se non altro, questa ricerca ha messo al di là di ogni dubbio il fatto che individui altrimenti sani a volte possono avere convinzioni ed esperienze insolite piuttosto sorprendenti, con un esempio che è un ex direttore della Divisione di salute mentale dell’OMS.

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