Sintomi psichiatrici e cannabis

Circa 118 milioni di persone al mondo fanno uso di cannabis e il suo consumo è stato recentemente legalizzato in diversi stati degli USA, in Canada e Uruguay per uso ricreativo. Un gruppo di ricercatori americani coordinati da Guy Hindley ha pubblicato sulla rivista The Lancet Psychiatry una review sistematica sugli effetti di un costituente della cannabis, il Δ9-tetraidrocannabinoide da solo o in combinazione con il cannabidiolo sui sintomi psicotici nelle persone non affette da precedenti patologie psichiatriche.

[Vedi articolo originale in: The Lancet Psychiatry 2020 Apr;7(4):344-353]


La cannabis è una della sostanze psicoattive più utilizzate per scopo ricreativo, con una percentuale di assunzione del 6-7% nella popolazione europea, del 15-30% nella popolazione americana.

 Date le prospettive di crescita della sua assunzione, l’aumentata potenza della cannabis e dei suoi prodotti e il crescente interesse sui potenziali effetti terapeutici dei cannabinoidi diventa necessario valutarne gli effetti psichiatrici.

Lo psichiatra francese Jacques-Joseph Moreau descrisse per la prima volta più di 150 anni fa l’associazione tra l’uso della cannabis e lo sviluppo di sintomi psicotici, come la paranoia e le allucinazioni. Con il suo libro Du Hachisch et de l’aliénation mentale del 1848 fu il primo medico a pubblicare un lavoro su una droga e i suoi effetti sul S.N.C.

Successivamente è stata dimostrata la capacità di induzione dei sintomi psicotici, dei sintomi psicotici e di altri sintomi psichiatrici, in generale, tra cui la depressione in seguito all’assunzione del Δ9-tetraidrocannabinoide (THC), il principale costituente psicoattivo della cannabis. Altri studi, invece, hanno valutato gli effetti di un altro costituente, il cannabidiolo (CBD) che non indurrebbe lo sviluppo di sintomi psicotici.

In questa review gli autori hanno valutato gli effetti psicomimetici del THC e del CBD per  determinare la grandezza e la consistenza dei loro effetti psichiatrici.


Il metodo utilizzato è stato quello di raccogliere i dati provenienti dalla letteratura scientifica includendo i lavori riportanti i risultati ottenuti dalle scale di valutazione psicopatologica come la BPRS e la PANSS successivamente alla assunzione acuta orale, nasale o intravenosa di THC, di CBND e di placebo in partecipanti sani.


I risultati ottenuti, da un attento screening dei criteri di inclusione esclusione degli articoli analizzati hanno evidenziato che il THC incrementa significativamente la gravità dei sintomi psichiatrici (sintomi positivi, negativi e generali) in soggetti adulti senza precedenti per patologie psichiatriche significative. Si è evidenziato anche un maggior incremento della sintomatologia produttiva rispetto a quella negativa, seppur presente.


Nel forest plot sottostante è evidenziata la gravità totale dei sintomi psichiatrica successiva all’assunzione di THC rispetto al placebo.

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Gli studi hanno analizzato dosi di THC comprese tra 1,25 mg e 10 mg, che hanno portato il picco di concentrazione ematica a 4.5 – 5,1 ng/mL in seguito ad assunzione orale, e di 110-397 ng/mL in seguito a inalazione o somministrazione intravenosa.
Queste concentrazioni sono simili a quelle osservate poco dopo aver fumato una tipica cannabis contenente 16–34 mg di THC.
I risultati indicano che l’uso di prodotti contenenti THC possono indurre un ampio range di sintomi psichiatrici (allucinazioni e deliri paranoidi). Oltre a causare stress, questi sintomi possono portare, a comportamenti auto o etero aggressivi, ad agitazione e violenza. A differenza di quanto sostenuto dalla comunità di utilizzatori della cannabis il CBD non si è dimostrato, invece, ridurre i sintomi psicotici.

Un’altra evidenza ottenuta con la review di Hindley et al. è che l’induzione di sintomi psicotici è inferiore nelle persone con un consumo maggiore di tabacco e ciò potrebbe suggerire che l’uso di tabacco sia un fattore protettivo, ma sono necessari ulteriori lavori per testare la causalità e questa scoperta non dovrebbe essere presa come una raccomandazione per usare il tabacco per contrastare gli effetti del THC.


Lo studio, quindi, “ha dimostrato che la somministrazione acuta di THC induce aumenti significativi dei sintomi positivi, negativi, generali e totali in adulti senza storia di disturbi psichici o altri disturbi psichiatrici maggiori. In particolare, le dimensioni dell’effetto erano maggiori per i sintomi positivi rispetto ai sintomi negativi ma non per i sintomi generali, indicando che il THC induce sintomi positivi in ​​misura maggiore rispetto ai sintomi negativi. Questo risultato è coerente con i risultati secondo cui la gravità dei sintomi è maggiore per i sintomi positivi che negativi nel consumatore di cannabis“.

“Al contrario, il CBD non induce sintomi psichiatrici e non ci sono prove conclusive che moderi l’induzione dei sintomi psichiatrici da parte del THC. Questi effetti sono maggiori con la somministrazione endovenosa rispetto alla somministrazione per inalazione Questi risultati, concludono gli autori,  evidenziano i rischi del consumo di cannabis, che sono estremamente rilevanti  dal punto di vista medico, sociale e politico, in quanto il suo consumo continua a crescere”


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