Smart Working e impatto psicologico
Le misure di restrizione delle attività lavorative e scolastiche in presenza, durante il periodo pandemico, hanno radicalmente modificato l’organizzazione lavorativa e didattica rendendo necessario incrementare le attività di apprendimento a distanza e del cosiddetto lavoro agile o smart working. Le persone sottoposte a tale comunicazione e interazione attraverso la videoconferenza sono andate incontro a un fenomeno che alcuni ricercatori hanno definito “Zoom fatigue” o fatica da Zoom, uno dei programmi di software di videoconferenza maggiormente utilizzati durante il COVID-19.

Tale fenomeno, caratterizzato da stanchezza, ansia, preoccupazioni e senso di inadeguatezza, perdita di attenzione e di concentrazione viene descritto come una sensazione di affaticamento e di malessere generale associati alle sessioni di videoconferenza. Sono stati descritti, insieme ai precedenti, anche dei sintomi neurovegetativi, quali nausea, sudorazione, sensazione di vertigini, di senso di oppressione toracica, tremori.

Tralasciando spiegazioni legate a una tecnologia non sempre ottimale e allo stress visivo associato alle ore trascorse davanti allo schermo, la maggiore attenzione degli esperti si è concentrata sulle modificazioni delle abituali interazioni sociali e interpersonali, che sono, invece, costrette in questo setting virtuale, in una rimodulazione della raccolta dei segnali non verbali. Il gruppo di lavoro di Giuseppe Riva dell’Istituto Auxologico Italiano di Milano ha evidenziato l’incremento “inconsapevole” delle risorse cognitive necessarie a percepire e comprendere il significato degli atti comunicativi dell’altri. Il cervello è costretto, così, a lavorare con maggiore impegno per cercare di superare, modulare e ristabilire la sincronizzazione delle comunicazioni bidirezionali (docente/leader-studente/dipendente). Un importante aspetto, evidenziato nel loro lavoro pubblicato nella rivista scientifica “Cyberpsychology, Behaviour, and Social Networking (Vol 24, n.2 del 2021) gli autori hanno identificato tre importanti fattori che sono coinvolti nelle dinamiche associate allo smart working e all’apprendimento a distanza: lo spazio fisico dove avviene l’iterazione, l’interazione docente/allievo; dirigente/lavoratore e infine, l’interazione tra i membri del gruppo. La sensazione di “mancanza di luogo” (placelessness) ha un impatto diretto sulla memoria episodica, sull’identità personale e professionale e può causare un aumentato rischio di sviluppare burnout. L’assenza di una adeguata sintonia intenzionale e la difficoltà nel prendere decisioni intuitive hanno, inoltre, un forte impatto sulla leadership (docente o dirigente) e su tutte le attività di tutoraggio e di formazione da parte dei docenti.
L’impossibilità, infine, di utilizzare nel gruppo dei pari il linguaggio non verbale, così come il contatto visivo, lo scambio di sguardi, l’osservazione allargata dei contenuti del luogo del gruppo determinano una riduzione dell’impegno dei membri del gruppo, della performance collettiva e sulla creatività. In conclusione, il cosiddetto e-learning e lo smart working sono stati strumenti importanti ma che necessitano di flessibilità. L’adattamento al cambiamento delle abitudini consolidate richiede un approccio ben integrato tra il team dei docenti e dei dirigenti e gli studenti e i dipendenti. La necessità di una adeguata formazione si rende necessaria per condurre una interazione a distanza. La tale formazione sarà sempre a distanza?
Pere approndimenti:
- Riva et al. Surviving COVID-19. Cyberpsychology, Behaviour, and Social Networking 2021
- Camargo et al. Online learning and COVID-19: a meta-synthesis analysis. Clinics 2020
- Moretti et al. Characterization of home working population during COVID-19